europAMICI di ANGELO BRANDUARDI



Per gentile concessione di Luisiana Luzii:

"Settimanale LA PAGINA, Zurigo", 14 marzo 2001


"Chi corre da solo arriva sempre primo"

Zurigo "Infinitamente piccolo" è il nome del suo ultimo lavoro. Un titolo che ha del paradossale in quanto l’idea dell’infinito, dell’immensità e della spaziosità dalle dimensioni imprecisabili mal si associa con quella che si ha della piccolezza...
E’ in effetti un titolo provocatorio che prende spunto da quel concetto che serpeggia in tutti gli scritti e i testi di S.Francesco, che è poi alla base della fisica quantistica. Immaginiamo, infatti, di prendere un foglio di carta e di suddividerlo più volte: per quanto piccolo possa essere, è sempre, teoricamente, divisibile per due. Il foglio dunque è infinito, seppur di piccole dimensioni. Non si esaurisce mai! Come la personalità di S.Francesco: un uomo povero, solo, una creatura umana che al tempo stesso è stato un grande artista, pensatore, scrittore e uomo politico di altissimo livello.

Come mai ha scelto il personaggio di S.Francesco?
Devo confessarle che l’idea non è stata mia. Sono stato contattato da alcuni francescani del convento di Assisi. Inizialmente la cosa non ha riscosso da me grande entusiasmo perché non volevo fare un disco di musica devozionale: produzioni di questo genere le lascio volentieri a Radio Maria e alle Edizioni Paoline. Poi però questi francescani mi hanno conquistato perché io ho chiesto loro : "Per quale motivo scegliete me che sono un grande peccatore?" E loro, con il grande humour che è tipico dei francescani, hanno risposto: "Noi scegliamo te perché Dio sceglie sempre i peggiori". Allora mi sono messo a ridere e... a lavorare!

Lei si ritiene un grande peccatore?
Be’ insomma: il gentiluomo gode e tace. Voglio dire... non sono uno stinco di santo!

Nella sua brochure vi è la traduzione dei testi delle sue canzoni in lingua tedesca. Canterà in tedesco a Zurigo?
In tutta la mia tournée nei paesi di germanofoni, ho programmato come primo brano Il Cantico delle Creature in italiano. E dopo la chiusura della seconda parte del concerto lo canto in tedesco. Ho sempre avuto una passione per questa lingua, l’ho studiata a scuola e me la cavo abbastanza bene: i tedeschi dicono che parlo un tedesco molto charmant. Trovo che sia una lingua molto dolce, dalla logica "stratosferica".

Cosa rappresenta per lei Zurigo e cosa si aspetta da questa città?
Zurigo è stato uno dei primi luoghi oltre le Alpi in cui io sono nato artisticamente, nel lontano ’78, prima di affrontare la prima tournée europea. Cosa mi aspetto? Difficile prevedere: bisogna considerare il discorso musicale e letterario che sta dietro alle opere francescane. Mi rendo conto che il tutto è particolarmente diverso da ciò che oggi va nella canzone. Però a distanza di un anno dall’uscita del disco, che ha un valore qualitativo che non discuto, ho riscontrato che è il mio grande successo commerciale dai tempi di Cogli la prima mela, da vent’anni quindi. Questo vuole dire che, nonostante il silenzio dei media istituzionali, come le radio, il lavoro piace. Oltre cento sono stati i concerti già fatti. Speriamo insomma che i zurighesi apprezzino quanto c’è di coraggioso in un’operazione di questo tipo.

Quali tappe contempla ancora il suo tour?
Le prossime date vedono una bellissima cattedrale a Lugano e poi l’Italia. Si potrebbe continuare, ma per il momento mi sento un po’ saturo. Ci sarà una grande ripresa poi a Roma per il Vaticano, con riprese televisive ecc. In estate sarò in Spagna e in Grecia, dove si è registrato un grande successo.

Lei viene considerato da molti un cantautore d’élite: questa definizione la disturba o la trova realistica?
E’ probabilmente realistica: io ho conosciuto e conosco grandi numeri, ma anche nei momenti particolari in cui io, a livello quantitativo sono stato, senza falsa modestia, uno dei più grandi artisti europei, c’era qualche cosa di strano dietro. Perché comunque io mi muovo in maniera abbastanza solitaria con la convinzione netta che chi corre da solo arriva sempre primo.

Un tratto del suo look che la distingue sono senz’altro i suoi capelli. Come mai sempre così lunghi e imperiosi?
Be’ ora li ho tagliati un pochino... E poi ora sono bianchi e si arricciano molto meno. Diciamo che la responsabile di tutto è mia madre perché quando ero bambino i capelli erano ingovernabili e mi faceva le cosiddette "banane", perché non sapeva come tenerli a posto. A un certo punto si arrese e me li lasciò crescere. Sin da bambino avevo dunque capelli lunghissimi e mi chiamavano bambina, in tempi in cui i capelloni ancora non esistevano. In seguito ci sono stati periodi in cui andavo di moda e in altri in cui ero sorpassato. D’altra parte per me la moda è come un autobus: se lo perdi, devi sapere che prima o poi arriva al capolinea. E una volta fatto il giro, puoi salirci un’altra volta.

I suoi prossimi progetti?
Non ne ho idea. Devo ammettere che non mi aspettavo tutto questo successo con il mio ultimo lavoro. Per cui sono colpito e indeciso su come proseguire: certo non potrò fare sia S.Gennaro che S.Antonio.

Un suo sogno?
Dirigere i Berliner!

Luisiana Luzii


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